Teresa Amodio, Università degli Studi di Salerno

 

Il volume propone una raffinata lettura, in chiave geopolitica, delle dinamiche territoriali, alle diverse scale, connesse con l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del virus SARS-Co-V-2.

La trama narrativa prende avvio dalla storia delle principali pandemie (capitolo 1), attraversa pratiche e procedure salvifiche nei confronti delle stesse pandemie (capitolo 2) per sancire la valenza del valore della vita umana attraverso i secoli e le culture (capitolo 3). Nella parte fondante del lavoro sono approfondite, quindi, le dinamiche che hanno sorretto uno degli eventi più sconvolgenti dell’epoca contemporanea, ovvero la diffusione, spaziale e temporale, del Covid19 (capitolo 4), da cui il mondo non sembra ancore completamente svincolato, e rispetto a cui una prospettiva di scenari futuri (capitolo 5) non poteva essere evitata, tant’è che è presente a chiusura del lavoro. Di fatto, l’idea di un mondo “disordinario”, come lo stesso titolo ha inteso sottolineare, deriva da una visione geografica che osserva gli eventi, gli attori, le azioni oltre che le implicazioni territoriali che ne sono derivate, e prospetta una situazione emergenziale nella quale la variabile epidemiologica ha dato evidenza a tutta la fragilità organizzativa dei sistemi, delle istituzioni e delle strategie.

Non vi è dubbio che la confusione abbia iniziato a regnare sovrana a partire dai luoghi e dalle modalità scatenanti il virus, oltre che dalle connotazioni specificatamente virali o dalla più o memo consapevolezza della responsabilità di avvio della pandemia. Di fatto il virus è apparso oggettivamente aggressivo e l’incedere dell’emergenza sanitaria ha imposto deliberazioni tempestive, ma non prive di conseguenze. Molte di queste, prese in autotutela dai governi, tra le quali il lungo lockdown, sembrano aver traslato il mondo indietro nel tempo, dando il senso di un antico ritorno ai lazzaretti veneziani del Medioevo. Un simile scenario ha reso l’idea chiara di come l’immaginaria potenza della tecnologia o dei progressi scientifici e organizzativi sia apparsa, all’improvviso, inadeguati rispetto alle esigenze che il mondo stava vivendo e alle esigenze di sopravvivenza alla malattia e alla morte.

In una indubbia situazione di pandemia, molte certezze immaginabili fondanti per le società più moderne sono apparse, viceversa, inadeguate, a tratti inesistenti, così come non perfettamente comprensibili sono sembrati l’agire individuale, collettivo e istituzionale adottato con il procedere della diffusione.

Alla scala italiana, che può essere considerata una proxy di quella globale, la governance ha imposto Decreti e comportamenti, inimmaginabili per una società moderna, occidentale e sviluppata, eppure legittimami.

Ma la riflessione geografica, a riguardo, non ha potuto non notare la non adeguatezza dei provvedimenti, operati in maniera indifferenziata seppur in assenza di diversità geografiche evidenti nei numeri in circolazione. L’assenza o il mancato aggiornamento di piani pandemici ne sono un esempio, così come l’irrigidimento delle limitazioni personali ha fatto maturare, più concretamente, un atteggiamento di chiusura cautelativa, fisica e psicologica, molto evidente. Non ultima la territorializzazione del fenomeno pandemico, a fronte di una distribuzione dei contagi disomogenea tra le regioni italiane, non è stata adeguatamente presa in considerazione.

Ad enfatizzare la visione disordinaria hanno contribuito anche dai canali di diffusione delle informazioni che hanno contribuito a diffondere scenari allarmanti trovando connotazione nel dettaglio del racconto statistici di contagi, ricoveri, decessi e qual che è più grave, di mancate sepolture. Dell’informazione, a scala planetaria, si è diventati dipendenti, così come vitale è divenuta la modalità di comunicazione virtuale.

L’incertezza, unita alla paura, ha preso il sopravvento. Isolamento e mancanza di libertà sono diventati il paradigma della vita, senza prospettive di discontinuità, in cui nuovi modi di vivere hanno preso il sopravvento.

In estrema sintesi l’evento pandemico ha accelerato condizioni e dinamiche geopolitiche, in una direzione di dis-ordine tutto da rivedere.

A tale riguardo, gli Autori, confidando in un nuovo Rinascimento, come esito degli insegnamenti pandemici, introducono una riflessione di prospettiva che sancisce l’occasione di ribadire una “utilità della geografia”.

Si tratta di una percezione positiva e ottimista che dovrà realisticamente confrontarsi con le molte conseguenze della situazione a livello mondiale.

Nel medio-lungo periodo saranno non poche le ricadute di ordine psicologico emozionale che le collettività dovranno affrontare, tentando di mitigarne gli effetti.

A queste si aggiungono le esigenze di gestione moderna del territorio a cominciare dal diritto alla salute che è apparso pregiudicato dalla difforme distribuzione e dotazione territoriale di strutture di ricovero e che dovrebbe diventare, invece, universale e garantito.

Non meno rilevante il tema dei servizi connessi ai trasporti e alla mobilità, ma anche quello delle condizioni di squilibrio di autoctoni vs rifugiati o donne vs uomini.

Non trascurabile anche la prospettiva sui tempi, sulle modalità e sulle forme di lavoro visto che quelle generate, apprese ed utilizzate in epoca di pandemia hanno mostrato tutta la debolezza della gestione spaziale e temporale dei luoghi di lavoro oltre che, viceversa, alcune opportunità derivanti da formule più smart ed efficaci.

A monte di tutto questo, considerate le dinamiche di diffusione del contagio, in termini di concentrazione, di consistenza e di velocità, va ripensato l’abitare e, più in generale, l’uso del territorio. La prospettiva è quella di un riequilibrio di risorse e di funzioni tra aree urbane e aree non urbane ovvero tra aree ad elevata densità demografica e aree spopolate anche alla scala globale. Molti degli interrogativi che gli Autori offrono alla riflessione geografica sono sintetizzate nella toccante intervista al Dott. Prof. Guido Bertolaso, resa dal punto di vista del suo privilegiato osservatorio.

L’idea ci chi scrive è, in conclusione, che durante il periodo di riferimento, molto densa è stata la produzione scientifica sul tema pandemico. Alcuni lavori, tuttavia, hanno scontato la variabile informatica legata alla difforme disponibilità di dati, in senso cronologico e di scala territoriale. Altri hanno preteso di formulare esaurienti narrazioni di un fenomeno che era intento a procedere indisturbato, schivo rispetto a tentativi di categorizzazione delle tendenze, delle cause e delle modalità.

Il lavoro che in questa sede è oggetto di recensione ha, viceversa, pur in assenza di dati di dettaglio, esaustivi per scansione temporale e riferimento territoriale, avuto l’illuminante intuizione di offrire una riflessione sovraordinata, rivolta alle dinamiche geopolitiche sottese alla pandemia.

Non poteva che essere così data l’autorevolezza scientifica, professionale ed umana di Maria Paola Pagnini, maestra di molti di noi, ispiratrice di riflessioni e di percorsi di ricerca che generosamente ha offerto, negli anni, alla comunità geografica.

Non meno rilevante il contributo di Giuseppe Terranova, suo più giovane allievo che, attraverso la stesura congiunta del volume, avrà avuto occasione di dare valore aggiunto alle sue già alte doti di ricerca.